Mostra Prada

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943

Dal 18 Febbraio al 25 Giugno 2018

Il progetto espositivo “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943”, a cura di Germano Celant, esplora il sistema dell’arte e della cultura in Italia tra le due guerre mondiali, partendo dalla ricerca e dallo studio di documenti e fotografie storiche che rivelano il contesto spaziale, temporale, sociale e politico in cui le opere d’arte sono state create, messe in scena, nonché vissute e interpretate dal pubblico dell’epoca.

Il periodo storico tra il 1918 e il 1943 è caratterizzato in Italia dalla crisi dello stato liberale e dall’affermazione del fascismo, nonché da una costante interdipendenza tra ricerca artistica, dinamiche sociali e attività politica. Come ha sottolineato Jacques Rancière nel suo libro “Le partage du sensible. Esthétique et politique” (2000), l’arte non esiste mai in astratto, ma si forma e prende forma in un determinato contesto storico e culturale. In questo senso l’aspetto politico e quello estetico sono inscindibili. Partendo da questo assunto, le testimonianze fotografiche e testuali che sono all’origine della selezione delle opere in mostra, documentano la produzione artistica e culturale del periodo tenendo conto di una pluralità di aspetti e ambienti in cui è realizzata ed esposta: dall’atelier d’artista alle collezioni private, dalle grandi manifestazioni pubbliche alle esposizioni e rassegne d’arte italiana in ambito nazionale e internazionale, dalle architetture ai piani urbanistici, dalla grafica alla prima produzione in serie di arredi. Secondo Germano Celant, i documenti ritrovati e presentati oggi in questo progetto “sintetizzano la funzione comunicativa dell’opera d’arte, offrono una storia reale, fuori dalla trattazione teorica dell’artefatto”. Funzionano come mezzi di “cultural understanding”, per usare l’espressione di David Summers, che “garantiscono all’oggetto d’arte un territorio particolare, quello di apparire ad un’audience allargata, in determinate situazioni sociali e politiche”.

L’indagine, svolta in collaborazione con archivi, fondazioni, musei, biblioteche e raccolte private, ha portato alla selezione di oltre 500 lavori, tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici, realizzati da più di 100 autori. In “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” questi oggetti sono introdotti da immagini storiche, pubblicazioni originali, lettere, riviste, rassegne stampa e foto personali, così da mettere in discussione la decontestualizzazione espositiva, in cui l’opera d’arte è tradizionalmente ridotta a una presenza neutra e isolata. Ricostruire, invece, le condizioni materiali e fisiche della sua presentazione originale non solo consente di indagare il complesso sistema di relazioni tra autori, galleristi, critici, ideologi, politici, collezionisti, mecenati e spettatori, ma permette anche di esplorare il dispositivo di mostra nelle sue diverse declinazioni, come un elemento essenziale dell’universo simbolico del tempo. Una lettura che sottolinea ulteriormente come l’esposizione di immagini e di prodotti nazionali, anche in contesti internazionali, sia stata utilizzata dal fascismo come uno strumento flessibile, adattabile e moderno, un mezzo funzionale al progetto di rifare gli italiani e di plasmare la loro esperienza del mondo.

Il progetto di allestimento, ideato dallo studio 2×4 di New York in dialogo con il curatore, si presenta come un percorso immersivo, ritmato da venti ricostruzioni parziali di sale espositive pubbliche e private. In questi ambienti, costituiti dall’ingrandimento in scala reale delle immagini storiche, vengono ri-collocate le opere originali di artisti come Giacomo Balla, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Filippo de Pisis, Arturo Martini, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Arturo Tosi e Adolfo Wildt, tra gli altri. Si rinnova così l’osmosi tra espressione artistica e aspetti contestuali, come arredi, elementi architettonici, dettagli decorativi e soluzioni allestitive, che permette una conoscenza maggiore delle opere esposte e degli artisti e un’interpretazione più approfondita della storia delle arti in Italia. Si ripercorre così la dialettica tra singoli autori ed esponenti di movimenti, gruppi e tendenze, come Futurismo, Valori Plastici, Novecento, Scuola romana, i cosiddetti Italiens de Paris, il gruppo degli astrattisti e Corrente, che animano un panorama artistico e culturale, caratterizzato da eclettismo e pluralismo espressivi e in cui convivono avanguardia e ritorno all’ordine, sperimentazione e realismo, intimismo e propaganda.

L’attenzione al contesto sociale, politico e vitale si traduce in mostra anche nella presentazione di progetti architettonici, piani urbanistici e allestimenti di grandi eventi quali la Mostra della Rivoluzione Fascista (1932), l’Esposizione dell’Aeronautica Italiana (1934), la Mostra nazionale dello Sport (1935) e l’imponente disegno dell’E42. L’intero percorso espositivo è scandito da focus tematici dedicati a figure di politici, intellettuali, scrittori e pensatori (tra i quali Giuseppe Bottai, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Carlo Levi, Alberto Moravia, Luigi Pirandello, Margherita Sarfatti e Lionello Venturi) che, così come gli artisti, sviluppano la propria autonomia espressiva partecipando attivamente o restando indifferenti alle indicazioni del regime, o al contrario, subendone o criticandone le imposizioni in campo politico, culturale e artistico.


Sironi svelato

In OCCASIONE DEGLI 80 ANNI DELLA SAPIENZA, TORNA ALLA SUA BELLEZZA E POTENZA ORIGINARIA IL GRANDE MURALE DIPINTO DA MARIO SIRONI NEL 1935 NELL’AULA MAGNA.

foto Sironi Svelato
I risultati del restauro, che ha richiesto due anni di lavoro, e le novità emerse grazie alle ricerche storico-documentarie sono presentati in “Sironi svelato. Il restauro del murale della Sapienza” allestita presso il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea a cura di Eliana Billi e Laura D’Agostino. La mostra ricostruisce la storia dell’opera, dalla genesi all’attuale restauro, raccontando le alterne vicende di negazione e recupero che hanno determinato le questioni conservative affrontate nel corso dell’intervento appena concluso.
In apertura della mostra vengono messe a confronto le foto dei tre momenti importanti del dipinto, l’esecuzione originaria del 1935, la ridipintura del 1950 e il dipinto a restauro concluso nel 2017. Grazie alla disponibilità degli eredi sono esposti numerosi schizzi e bozzetti che testimoniano la lunga fase ideativa da parte dell’artista. I disegni sono allestiti nella mostra vicino a fotografie con particolari del murale restaurato, scelti in modo mirato a confronto con le opere grafiche.
Si espongono inoltre per la prima volta le fotografie dell’opera appena ultimata fatte fare su commissione dell’artista nel 1935. Sul filo del racconto si ricostruiscono brevemente le vicende della censura e del dibattito critico affrontato negli anni Ottanta e Novanta, che è la premessa indispensabile del lavoro di restauro appena concluso. Una specifica sezione è dedicata al progetto di restauro, dall’analisi della tecnica e dello stato di conservazione, dalle indagini scientifiche e all’approfondimento sulle questioni di metodo e al resoconto dell’intervento di restauro che ne illustra anche i risultati.
a cura di Eliana Billi e Laura D’Agostino
Mlac, Palazzo del Rettorato, Piazzale Aldo Moro, 5 – Roma
23 novembre 2017 – 21 gennaio 2018
orari di apertura: dal lunedì al venerdì ore 10:00 – 18:00

Collezione Farnesina arte

COLLEZIONE FARNESINA ARTE

Dal 30 Maggio 2014 al 31 Dicembre 2015 ROMA

Da quando è stata istituita nel 2001 la Collezione Farnesina, grazie all’iniziativa dell’allora Segretario Generale Ambasciatore Umberto Vattani e al contributo del critico d’arte Maurizio Calvesi, la formula del comodato d’uso gratuito ha consentito un costante sviluppo della consistenza della collezione attraverso l’acquisizione di opere di particolare rilievo per la storia dell’arte italiana del Novecento, da Arturo Martini a MARIO SIRONI, da Giò Pomodoro a Jannis Kounellis. La Collezione comprende oggi circa 400 opere di oltre 250 artisti.


Giuseppe Terragni a Roma

GIUSEPPE TERRAGNI A ROMA

GIUSEPPE TERRAGNI A ROMA / 18.09 > 18.12.2015

Archivio Centrale dello StatoPiazzale degli archivi 27 – Roma

con Antonio Carminati / Cesare Cattaneo / Pietro Lingeri / Ernesto Saliva / Luigi Vietti e la collaborazione di Marcello Nizzoli / Mario Radice / Mario Sironi

a cura di Flavio Mangione / Luca Ribichini
La mostra si potrà visitare solo su prenotazione
La mostra ha come principale obiettivo la rilettura critica dell’opera di Giuseppe Terragni prendendo in esame i progetti che l’architetto comasco ha realizzato per la città di Roma. Le opere romane permettono di inquadrare con efficacia la complessa figura dell’architetto, che sposò con determinazione la battaglia per l’avanguardia architettonica italiana, pur confrontandosi con l’esigenza di andare incontro sia alle istanze di tradizione volute dal fascismo, sia alla personale volontà di coniugare il linguaggio Razionale con un indefinito spirito mediterraneo.
Il progetto vuole inoltre mettere in luce il rapporto tra Terragni e i sui collaboratori, in particolare gli artisti (Marcello Nizzoli, Mario Radice e Mario Sironi), che hanno avuto un ruolo importante nell’elaborazione dei progetti architettonici, attraverso una serie di schizzi ed elaborati grafici rinvenuti grazie al prezioso sostegno dei principali istituti archivistici.
La ricerca nasce da un’idea di Flavio Mangione accolta da Luca Ribichini e sviluppata insieme a partire dal 2010 all’interno di un Laboratorio di Laurea della Facoltà di Architettura di Roma La Sapienza, svolto in collaborazione con la fondazione CE.S.A.R. (Centro Studi Architettura Razionalista) e i maggiori istituti archivistici pubblici e privati. In questa fase sono stati studiati sette dei dieci progetti presi in esame.
Vista la qualità del materiale prodotto, capace di fornire un nuovo sguardo sulla città di Roma e in particolare sui grandi concorsi, Il Comitato Tecnico Scientifico della Casa dell’Architettura ha deciso di completare le ricerche per permettere di realizzare una mostra che potesse essere accolta nei principali centri museali in Italia e all’estero, partendo da un’esposizione alla Casa dell’Architettura di Roma.Per ogni progetto è stato realizzato un modello digitale e un video partendo dai grafici originali e dalle foto d’epoca dei plastici di concorso. Il modello permette di illustrare la spazialità interna dell’opera e il suo inserimento foto-realistico nel contesto urbano, misurando l’efficacia delle scelte compositive e materiche adottate all’epoca. Per ogni opera è stato prodotto un regesto completo di tutto il materiale di archivio esistente.Una parte cospicua di questo materiale risulta inedita o addirittura completamente sconosciuta. Sono stati realizzati inoltre: grafici con piante, prospetti e sezioni che è possibile consultare sovrapponendoli agli originali per evidenziare incongruenze e integrazioni; prospettive fotorealistiche e spaccati prospettici; video con inserimento del modello nel contesto.Il materiale messo a disposizione dagli archivi (Archivio Centrale dello Stato, Archivio Capitolino, Archivio Cattaneo, Mart di Trento e Rovereto, Csac di Parma, Fondazione Giuseppe Terragni, Archivio Mario Sironi, Archivio Andrea Sironi-Straußwald, Fondo Giorgio Ciucci) va ad arricchire uno straordinario e suggestivo materiale grafico e video. La ricostruzione dei progetti romani si pone all’avanguardia nel panorama delle ricerche effettuate a livello internazionale su Terragni e i suoi colleghi.
L’intero progetto è stato svolto in collaborazione con la Fondazione CE.S.A.R. (Centro Studi Architettura Razionalista), il Dipartimento di Storia, disegno e restauro dell’architettura – La Sapienza e la Società Dante Alighieri.18 settembre – 18 dicembre 2015 (Archivio Centrale dello Stato)
20 settembre – 20 ottobre 2015 (University of Miami – School of Architecture)
15 maggio – 15 luglio 2016 (Bauhaus – Dessau-Berlino – Germania)Giornate di studio
29 maggio (Casa dell’Architettura) – Apertura
10 giugno (Dante Alighieri)
18 giugno (Casa dell’Architettura)
8 settembre (Aula Magna della Facoltà di Architettura – La Sapienza)
18 settembre (Archivio Centrale dello Stato)
20 ottobre (Aula Magna della Sapienza)

Locandina Soffici-Sironi

SOFFICI e SIRONI – Silenzio e Inquietudine

Poggio a Caiano, Museo Soffici e del ‘900 italiano, 28 marzo – 19 luglio 2015

 

La mostra è promossa dal comune di Poggio a Caiano.

Collaborano Oretta Nicolini e Luigi Corsetti.

In catalogo (Edifir, Firenze, € 15) un testo di Elena Pontiggia.

MUSEO SOFFICI: Scuderie Medicee, Via Lorenzo il Magnifico, 9, Poggio a Caiano – Prato
www.museoardengosoffici.it

Ufficio stampa della mostra: Catola & Partners, Firenze www.catola.com

 

«Percorsi paralleli con profonde affinità, che solo a tratti giungono a intersecarsi».

Così Elena Pontiggia nel catalogo di SOFFICI e SIRONI – Silenzio e Inquietudine, la mostra che Luigi Cavallo ha ordinato per il Museo Ardengo Soffici, nella Villa Medicea di Poggio a Caiano.

Fra oli, tempere, matite e affreschi, dagli anni ‘10 ai ‘50, venti opere ciascuno mettono in parallelo quei due controversi maestri del nostro Novecento. Attingendo alla loro robusta prossimità di “quasi amici”, la mostra ne acclara le tangenze artistiche – sia pure con esiti formali diversi – e certe scelte di vita, l’amicizia con Mussolini e il fascismo poi pagate care. Antichità classica, cubismo, futurismo, lampi metafisici, un’italianità anche europea e una modernità cercata nella memoria, danzano così di opera in opera, trasformando quella loro latente prossimità in fascinosi riscontri.

da Repubblica.it

di Paolo Russo | 3 maggio 2015


Finalmente in libreria la biografia di Mario Sironi a cura di Elena Pontiggia “MARIO SIRONI LA GRANDEZZA DELL’ARTE, LE TRAGEDIE DELLA STORIA”

 

Biografia Mario Sironi - Johan & Levi Editore

MARIO SIRONI “LA GRANDEZZA DELL’ARTE, LE TRAGEDIE DELLA STORIA”

«L’arte non ha bisogno di riuscire simpatica, ma esige grandezza» ha scritto Sironi.

Sono parole che si attagliano anche a lui, pittore di periferie inospitali eppure imponenti come cattedrali moderne. Futurista a partire dal 1913, Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) negli anni venti ha espresso l’aspetto più duro della città e della vita contemporanea, ma insieme ha dato ai suoi paesaggi urbani la forza delle architetture classiche e alle sue figure la solennità dei ritratti antichi. Di una classicità moderna, è stato infatti uno dei maggiori protagonisti tra le due guerre: prima con il movimento del Novecento Italiano, che si forma a Milano nel 1922; poi con il sogno visionario di una rinascita dell’affresco e del mosaico. Amico personale di Mussolini e fascista della prima ora, Sironi ha dato forma nella sua pittura murale degli anni trenta alla dottrina nazionalistica e sociale del regime – non alle leggi razziali che non ha mai condiviso – ma il suo desiderio di ritornare alla Grande Decorazione antica gli era nato già durante la giovinezza trascorsa a Roma, quando, come diceva, passavano davanti ai suoi occhi «gli splendidi fantasmi dell’arte classica». Del resto la sua arte, potente e dolorosa, non diventa mai un’arte di Stato. La vita non ha risparmiato Sironi: la perdita del padre a tredici anni, le crisi depressive, la guerra; poi la miseria, la contrastata vicenda familiare, le polemiche sulla sua pittura, i ritmi di lavoro massacranti che gli minano la salute; la caduta del fascismo, il crollo dei suoi ideali politici e un’esecuzione sommaria evitata in extremis (grazie all’intervento di Gianni Rodari, partigiano ma suo estimatore); infine la perdita della figlia Rossana, suicidatasi a diciotto anni nel 1948. Tuttavia la sua pittura oppone alle tragedie dell’esistenza e della storia un’ostinata volontà costruttiva. Almeno fino alla stagione ultima quando Sironi, svaniti sogni e illusioni, dipinge città frananti e visioni dell’Apocalisse.

 

Johan & Levi Editore


Roma: “La Carta del Lavoro” di Mario Sironi torna a splendere

Acea restaura la vetrata che il maestro realizza a Roma, nella sede del Ministero dello Sviluppo Economico

 

ACEA vetrata Sironi lavori conservativi

 

La Carta del lavoro, una delle più grandi vetrate mai realizzate da Mario Sironi, è tornata all’antico splendore nel palazzo del MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, a Roma, come annunciato in occasione dell’apertura della grande mostra sul maestro allestita al Vittoriano fino all’8 febbraio 2015. L’intervento di recupero e conservazione è stato realizzato da Acea Spa, in collaborazione con la Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico e etnoantropologico e del Polo museale di Roma, il MISE e Comunicare Organizzando.

La vetrata oggi non poteva essere apprezzata in tutta la sua luminosità: la pioggia non ha consentito di ammirane i colori attraversati dalla luce del sole. Forse però la scarsa luminosità non dipende soltanto dalle sfavorevoli condizioni metereologiche, tanto che si pensa di illuminare l’opera artificialmente dal retro. Ma è chiaro il risultato degli interventi. I nuovi lavori di recupero, eseguiti a venti anni di distanza dalla precedente manutenzione, hanno restituito piena leggibilità alle cromie della vetrata, rendendo nuovamente apprezzabili i rialzi di luce conferiti dai bianchi, oltre ai bellissimi blu e verdi delle tessere colorate. Il restauro è stato condotto da una squadra di esperti italiani specializzati, che hanno utilizzato le migliori tecnologie e i materiali più innovativi disponibili per questa tipologia di intervento.

«In un momento così difficile per l’occupazione in Italia, che vede il MISE impegnato su oltre 150 tavoli di crisi a difesa del tessuto industriale del Paese e della salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro, la Carta del Lavoro, il jobs act, una riforma fondamentale che vuole cambiare le regole che hanno ingessato il sistema, con l’obiettivo di aiutare le imprese a tornare ad assumere», dice la ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi.

«Abbiamo coordinato con grande passione i lavori conservativi della vetrata», aggiunge la soprintendente, Daniela Porro. «Le figure monumentali, gli elementi urbanistici rappresentati nell’opera sono un punto di riferimento della poetica figurativa dell’Italia degli anni Trenta. non a caso Margherita Sarfatti diceva che Sironi era il più romano di tutti i pittori italiani, nel senso del più tendente alla grandiosità».

«Acea, con la sua luce e investendo una parte dedicata delle proprie risorse, si prende cura di diversi e importanti beni culturali, con lo scopo di favorire la tutela, la valorizzazione, la fruizione da parte dei cittadini», dice Catia Tomassetti, presidente di Acea. «È con questo spirito di progettazione culturale, un valore importante formatosi negli anni all’interno della nostra azienda, che abbiamo voluto intraprendere il recupero dell’opera di Sironi».

 

da ARTEMAGAZINE.IT 

di Fulvia Palacino | 27 novembre 2014


Torna visibile il cartone dell’Annunciazione di Mario Sironi

Torna visibile al pubblico, dopo dieci anni di assenza da Milano, il cartone preparatorio della vetrata

della Chiesa dell’Annunciata dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Mario Sironi

Il cartone sarà, infatti, il fulcro del progetto espositivo, curato dalla Fondazione Rivoli2, che porterà dall’11 ottobre al 4 novembre 2014 a Palazzo Cusani (via Brera 15), un’esposizione che fa dialogare il lavoro di Sironi con una video installazione realizzata da due giovani artisti: Marco Noris (Bergamo, 1988) e Orestis Mavroudis (Atene, 1988).

MARIO SIRONI. L’ANNUNCIAZIONE.
Disegno, architettura e narrazione contemporanea
Milano, Palazzo Cusani (via Brera, 15)
11 ottobre – 4 novembre 2014

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Mario Sironi Cartone per la vetrata “l’Annunciazione” Chiesa del Nuovo Ospedale Niguarda

Carboncino su carta da spolvero riportata su tela 1938-1939 cm 236×238 collezione privata


Mario Sironi, mostra a Roma. Picasso disse di lui: “La sua arte è grandezza”

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“Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”, diceva il pittore spagnolo.

Infatti ci sono voluti più di cinquant’anni per riabilitarlo a causa delle vicende politiche del Paese.

Pittore, illustratore, grafico, scultore, decoratore, scenografo: è Mario Sironi, tra i più grandi maestri del Novecento italiano.

Nella ricorrenza dei centotrentanni dalla sua nascita, a vent’anni dall’ultima retrospettiva, arriva nella Capitale al Complesso del Vittoriano fino all’8 febbraio 2015 una grande mostra monografica: “Mario Sironi 1885-1961”. Attraverso le sue opere più significative prestate dai maggiori musei e dalle maggiori collezioni private si intende ricostruire il suo intero percorso artistico, dagli esordi simbolisti al momento divisionista, dal periodo futurista a quello metafisico, dal Novecento Italiano, la corrente artistica di cui fu uno dei fondatori, alla magnificenza della pittura murale, dove trovano sfogo figure monumentali dai lineamenti squadrati, fino all’ultima produzione negli anni del secondo Dopoguerra segnata da una tormentata espressività.

Tra i capolavori in esposizione “Paesaggio urbano con taxi”, scelto anche come immagine della mostra romana, e “L’Architetto”, esposto alla Biennale di Venezia del 1924. Il pescatore, Il lavoratore, L’Eclisse, La penitente, dipinti a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, e L’Apocalissi del 1961, uno dei suoi ultimi cicli pittorici e una sorta di testamento spirituale. La GNAM di Roma, la Pinacoteca di Brera e il Museo del Novecento di Milano, la GAM di Torino, la Pinacoteca Civica di Forlì e la Galleria d’Arte Moderna di Palermo tra le principali strutture a prestare le opere del pittore per ripercorrere l’intero cammino della sua vita e della sua arte. Un’importante novità riguarda la sezione dedicata al simbolismo dove sono esposti i lavori provenienti dalla collezione privata di Cristina Sironi, sorella maggiore di Mario, testimonianza di esiti dell’artista vicini al simbolismo italiano e inglese, finora sconosciuti.

Novanta opere selezionate dalla curatrice Elena Pontiggia in collaborazione con l’Archivio Sironi, ma anche bozzetti, disegni, cartoni preparatori, riviste, lettere, tra cui un considerevole carteggio con il mondo della cultura del Novecento italiano, e documenti d’archivio per presentare al pubblico nella sua totalità la figura di un artista straordinario del quale lo stesso Picasso tesseva le lodi dicendo: “Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”. Picasso ci aveva messo in guardia ma ci sono voluti più di cinquant’anni e un attento lavoro di revisione critica per riabilitare Sironi e comprendere che è stato e continua a essere un grande maestro di statura europea sempre poco considerato in Italia a causa del suo percorso artistico influenzato dalla vicende politiche di un Paese segnato dalle trasformazioni sociali, dalla tragedia della guerra, dal regine fascista al quale aderì.

“Mio zio aderì al fascismo, ma le sue opere sono quelle di un uomo che sapeva cogliere l’aspetto costruttivo e dinamico delle cose, non certo quello propagandistico”, ha dichiarato Romana Sironi, nipote di Mario e responsabile dell’Archivio che porta il suo nome. “La sua arte – ha continuato – è difficile, poco compiacente, crea nello spettatore turbamenti e interrogativi, è un’arte familiare vicina solo a chi cerca la verità della storia dell’uomo, del suo destino, della caducità di quanto lo circonda, della fatica del vivere”. Effettivamente il mondo di Mario Sironi è popolato da uomini che acquisiscono dignità nell’assolvimento del proprio dovere, lavorando e soffrendo: soggetti umili ma grandiosi e possenti allo stesso tempo. Più di sessant’anni di lavoro che raccontano di una ricerca che è una lezione di tragedia intrisa di drammaticità, tensione, espressività e di monumentalità resa attraverso la solennità, l’equilibrio, il volume, aspetti che Sironi deriva dalla storia e dalla classicità che fin da bambino respira nella Roma del Colosseo, dell’Arco di Tito, della colonna Traiana.

“L’arte di Sironi è una lezione di tragedia e la sua pittura è anche una lezione di grandezza”, ha spiegato la curatrice della mostra. Due aspetti che combaciano perfettamente nelle sue opere.

 

da IlFattoQuotidiano.it

di Francesca Polacco | 25 ottobre 2014